Pagina 134 - Patriarchi e profeti (1998)

Basic HTML Version

130
Patriarchi e profeti
considerare il padre come una guida autorevole, sia nelle questioni
religiose sia in quelle secolari. Abramo cercò di perpetuare questa
struttura di tipo patriarcale, perché essa favoriva il perpetuarsi della
fede in Dio. Per cercare di arginare il diffondersi dell’idolatria, or-
[116]
mai così radicata, era necessario tenere uniti i membri del gruppo. Il
patriarca cercò dunque con ogni mezzo possibile di proteggerli dalle
abitudini pagane, impedendo loro di assimilarsi agli stranieri. Sape-
va infatti che se essi avessero acquistato familiarità con un ambiente
immorale i loro sani principi si sarebbero sicuramente corrotti. Evitò
con estrema cura ogni contatto con qualsiasi forma di falsa religio-
ne, in modo da insegnare che il vero obiettivo dell’adorazione è il
riconoscimento dell’autorità e della gloria di un Dio reale e presente.
Dio aveva un saggio proposito: desiderava separare il più possi-
bile il suo popolo dai pagani, facendolo vivere in un paese isolato,
lontano dalle altre nazioni. Egli, aveva separato Abramo dai suoi pa-
renti, dediti al culto degli idoli, per offrirgli la possibilità di educare
la sua famiglia lontano dalle influenze fuorvianti che li avrebbero
circondati in Mesopotamia. Così la vera religione si sarebbe tra-
smessa ai suoi discendenti, di generazione in generazione, in tutta la
sua purezza.
L’amore di Abramo per i suoi figli e per la sua gente lo indusse
a proteggerne la fede e a considerare l’insegnamento dei principi
divini l’eredità più preziosa che potesse trasmettere loro. Essi, a
loro volta, avrebbero diffuso questo messaggio al mondo intero,
perché tutti comprendessero l’autorità che Dio esercita su ogni essere
umano. I genitori non opprimevano i figli e questi non disubbidivano.
Attraverso la legge di Dio ciascuno era consapevole dei propri doveri
e sapeva che solo l’ubbidienza poteva assicurare felicità e prosperità.
L’esempio di Abramo, l’influsso silenzioso della sua vita quoti-
diana, rappresentavano una continua lezione. Tutto il clan ricono-
sceva in lui una persona profondamente integra, buona, gentile e
altruista: per queste sue doti egli aveva conquistato l’ammirazione
dei re. Il suo comportamento si distingueva per nobiltà e gentilezza,
doti che rivelavano a tutti la sua costante familiarità con Dio. Egli
aveva cura anche dei servi più umili: nel suo accampamento vi era
un’unica legge, per i capi come per i servi, per i ricchi come per
i poveri. Tutti venivano trattati con giustizia e amore, perché tutti
avrebbero ereditato insieme la grazia e la vita eterna.