Pagina 178 - Patriarchi e profeti (1998)

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Patriarchi e profeti
Anticamente la tradizione prevedeva che prima della stipulazione
di un contratto di matrimonio venisse pagata al padre della sposa una
somma di denaro o un equivalente, secondo la situazione, a titolo
di garanzia. I padri non ritenevano prudente affidare la felicità delle
loro figlie a uomini che non avevano risparmiato nulla in vista del
sostentamento di una famiglia.
Se essi non dimostravano di essere sufficientemente economi e
intraprendenti nell’amministrare i loro affari o nell’acquistare terre
e bestiame forse avrebbero dovuto affrontare una vita miserabile.
A coloro che non possedevano alcun bene venivano concesse delle
particolari condizioni per il pagamento della dote: si permetteva che
lavorassero per il padre della ragazza che amavano, per un periodo
di tempo proporzionale al valore della dote richiesta.
Quando il corteggiatore svolgeva il lavoro in maniera scrupolosa,
e dava quindi prova di essere una persona degna, riceveva la fanciulla
in sposa; generalmente la dote ricevuta dal padre veniva consegnata
alla figlia al momento del matrimonio. Nel caso di Rachele e di Lea,
Labano, egoisticamente, trattenne la dote che doveva essere loro
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concessa; esse si riferivano a questo quando dissero, poco prima di
lasciare la Mesopotamia: “... ci ha vendute e ha per di più mangiato
il nostro danaro” (
Genesi 31:15
).
L’antica usanza, benché presentasse rischi di abusi, aveva una
sua logica. Quando veniva chiesto al giovane di lavorare per ottenere
la sposa, non solo si impediva un matrimonio affrettato, ma veniva
messa alla prova la serietà dei suoi sentimenti e la sua capacità
di provvedere il necessario per la famiglia. Oggi molti problemi
nascono a causa di abitudini diverse. Spesso, prima del matrimonio,
ci sono poche possibilità di conoscere bene le reciproche usanze e i
rispettivi temperamenti: quando due persone si sposano, in realtà,
nella vita di tutti i giorni sono per lo più degli estranei. Molti si
rendono conto troppo tardi di non essere adatti a vivere insieme e la
conseguenza di questa unione è una vita infelice. Spesso la moglie e
i figli soffrono per l’indolenza, l’incapacità o le debolezze del marito
e padre. Se, secondo l’antica consuetudine, il corteggiatore fosse
messo alla prova prima del matrimonio, si potrebbero evitare questi
pericoli.
Giacobbe compì per Rachele sette anni di servizio fedele che
“... gli parvero pochi giorni per l’amore che le portava” (
Genesi