L’esilio di Giacobbe
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). Ma l’egoista e avido Labano ricorse a un inganno crudele
per cercare di trattenere un collaboratore così capace, e sostituì Lea
a Rachele. Resosi conto della complicità di Lea, Giacobbe sentì che
non avrebbe potuto amarla. La sua protesta indignata nei confronti
di Labano ebbe come risultato l’offerta di un periodo di altri sette
anni di servizio, in cambio di Rachele. Il padre, inoltre, insistette
affinché Lea non fosse ripudiata perché ciò avrebbe disonorato la
famiglia. Giacobbe quindi si trovò in una situazione molto dolorosa e
difficile e alla fine decise di tenere Lea e sposare Rachele. Fu sempre
quest’ultima l’unica a essere amata, ma i sentimenti di Giacobbe per
lei suscitarono invidia e gelosia e la sua vita fu amareggiata dalla
rivalità delle mogli-sorelle.
Il figlio di Isacco rimase in Mesopotamia per vent’anni, lavo-
rando sempre al servizio di Labano che, incurante del legame di
parentela, cercava di trarre il massimo profitto da questa collabora-
zione. Aveva chiesto a Giacobbe quattordici anni di lavoro per le
sue due figlie e nel restante periodo cambiò il suo salario dieci volte;
nonostante questo, Giacobbe lavorò sempre con diligenza e fedeltà.
Nel suo ultimo colloquio con Labano egli descrisse con chiarezza la
cura instancabile con la quale si era occupato degli interessi del suo
arrogante padrone, dicendo: “Ecco vent’anni che sono stato con te;
le tue pecore e le tue capre non hanno abortito, e io non ho mangiato
i montoni del tuo gregge. Io non t’ho mai portato quel che le fiere
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aveano squarciato; n’ho subito il danno io; tu mi ridomandavi conto
di quello ch’era stato rubato di giorno o rubato di notte. Di giorno,
mi consumava il caldo; di notte, il gelo; e il sonno fuggiva dagli
occhi miei” (
Genesi 31:38-40
).
Era necessario, infatti, che il pastore sorvegliasse il gregge gior-
no e notte. Esisteva il pericolo dei ladri, delle numerose bestie feroci,
che provocavano vere stragi quando gli animali non erano sufficien-
temente sorvegliati. Giacobbe aveva molti uomini che si occupavano
delle greggi di Labano, di cui era il diretto responsabile. In alcuni
periodi dell’anno era necessario che egli fosse costantemente vicino
agli animali per proteggerli nella stagione secca dalla sete e durante i
mesi più freddi dal gelo notturno, che poteva risultare fatale. Giacob-
be era il capo dei pastori, a cui ubbidivano tutti gli altri guardiani. Se
si smarriva anche una sola pecora, ricadeva su di lui la responsabilità
del risarcimento. Egli convocava, per ricevere resoconti dettagliati,