La lotta notturna
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loro perfino le parole precise che dovevano rivolgergli. Giacobbe ed
Esaù erano gemelli. Prima della loro nascita era stato predetto che
il fratello maggiore, nato per primo, avrebbe servito il minore. Per
paura che questo ricordo suscitasse in lui amarezza e per rassicurarlo
delle sue intenzioni, Giacobbe raccomandò ai suoi servi di chiamare
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il fratello “Esaù, mio signore” e si fece presentare come “il tuo servo
Giacobbe” (
Genesi 32:4
). Inoltre, per rassicurare Esaù sulle sue
intenzioni a proposito dell’eredità paterna, aggiunse: “... Ho buoi,
asini, pecore, servi e serve; e lo mando a dire al mio signore, per
trovar grazia agli occhi tuoi” (
Genesi 32:5
).
Ma i servi tornarono con la notizia che Esaù gli veniva incontro
con quattrocento uomini e non aveva risposto al suo messaggio ami-
chevole. Tutto l’accampamento fu colto dal panico. “... Giacobbe
fu preso da gran paura ed angosciato...” (
Genesi 32:7
). Non poteva
tornare indietro e, nello stesso tempo, andare avanti era pericolo-
so. La sua gente era senza armi, indifesa e del tutto impreparata
ad affrontare uno scontro. Decise allora di dividerla in due gruppi
facendo in modo che se uno fosse stato attaccato, l’altro avrebbe
avuto il tempo di fuggire. Prelevò dai suoi greggi dei ricchi doni per
Esaù e glieli inviò presentandoli ancora una volta con un messaggio
conciliante. Fece dunque tutto ciò che era nelle sue possibilità per
espiare l’errore commesso nei confronti di suo padre e per scongiu-
rare il pericolo che lo minacciava. Infine, pentito, implorò umilmente
la protezione divina: “... O Eterno, che mi dicesti: Torna al tuo paese
e al tuo parentado e ti farò del bene, io son troppo piccolo per esser
degno di tutte le benignità che hai usate e di tutta la fedeltà che hai
dimostrata al tuo servo; poiché io passai questo Giordano col mio
bastone, e ora son divenuto due schiere. Liberami, ti prego, dalle
mani di mio fratello, dalle mani di Esaù; perché io ho paura di lui
e temo che venga e mi dia addosso, non risparmiando né madre né
bambini” (
Genesi 32:9-11
).
La sera, il gruppo raggiunse il torrente Iabbok e Giacobbe mandò
la sua famiglia sull’altra sponda del fiume. Aveva deciso di passare
la notte in preghiera e desiderava essere solo con Dio. Soltanto
Dio poteva toccare il cuore di Esaù: questa era l’unica speranza del
patriarca.
Il luogo era solitario e montuoso, frequentato soltanto da animali
selvaggi, da ladri e assassini, che vi si rifugiavano. Solo, senza alcuna