Pagina 203 - Patriarchi e profeti (1998)

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Giuseppe in Egitto
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l’energia con cui lavorava. Egli attribuiva totalmente il suo successo
al favore divino e perfino il suo padrone, benché dedito al culto delle
divinità pagane, ammetteva che questo era il segreto della sua straor-
dinaria prosperità. Tuttavia, senza un impegno costante ed efficace
Giuseppe non avrebbe mai raggiunto quei risultati.
La sua fedeltà onorava Dio: egli desiderava far risaltare il netto
contrasto esistente fra l’onestà e l’integrità di quel ragazzo e la
condotta di quanti adoravano le divinità pagane. In questo modo,
la luce della grazia divina poteva illuminare le tenebre spirituali
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del paganesimo. La gentilezza e la lealtà di Giuseppe colpirono
il capitano delle guardie, che giunse a considerare quello schiavo
come un figlio. Il giovane entrò in contatto con uomini nobili e colti
e così si familiarizzò con la scienza, le lingue e gli affari; questa
educazione si rivelò importante per il suo futuro incarico di primo
ministro dell’Egitto.
La fede e l’onestà di Giuseppe dovevano essere tuttavia sotto-
poste a una dura prova. La moglie del suo padrone cercò di indurre
il giovane a trasgredire la legge di Dio. Fino ad allora egli non si
era lasciato coinvolgere dalla corruzione che dilagava in quella terra
pagana: sarebbe riuscito a superare una tentazione così improvvisa,
forte e seducente? Se si fosse opposto alle proposte di quella donna,
sapeva bene quali sarebbero state le conseguenze. Cedendo, avrebbe
scelto di vivere nell’ambiguità, ma in cambio avrebbe ricevuto favori
e ricompense. Rifiutare significava invece affrontare il disonore, la
prigione e forse la morte. Il suo futuro dipendeva da quella decisione:
Giuseppe sarebbe stato fedele a Dio e ai suoi princìpi? Gli angeli
seguirono la vicenda con profondo interesse.
La risposta di Giuseppe avrebbe rivelato la potenza di un carat-
tere fondato su veri princìpi religiosi. Egli non avrebbe tradito la
fiducia del suo padrone terreno, ma soprattutto, a qualsiasi costo sa-
rebbe rimasto fedele al suo Padrone divino. Molti, benché sappiano
di non poter sfuggire all’attento sguardo di Dio e dei suoi angeli, si
concedono delle libertà che non si permetterebbero mai in presenza
dei loro simili. Giuseppe, invece, pensò in primo luogo a Dio. “...
Come dunque potrei io fare questo gran male e peccare contro Dio?”
(
Genesi 39:9
).
Dovremmo abituarci a pensare che Dio vede e ascolta tutto ciò
che facciamo e diciamo. Egli ricorda con esattezza le nostre azioni