Pagina 205 - Patriarchi e profeti (1998)

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Giuseppe in Egitto
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generosità.
Gradualmente, egli guadagnò la fiducia del sorvegliante della
prigione e gli fu affidata la responsabilità di tutti i prigionieri. La
sua onestà, la sua simpatia per coloro che erano preoccupati e addo-
lorati prepararono la via per gli onori e la prosperità che il futuro gli
avrebbe riservato. Ogni manifestazione di bontà nei confronti degli
altri ha ripercussioni positive su di noi. Qualsiasi parola di simpa-
tia in favore degli afflitti, ogni atto teso a risollevare gli oppressi,
ogni dono offerto ai bisognosi, se ispirato da motivazioni sincere, si
trasformerà in una benedizione per chi l’ha compiuto.
Il capo dei panettieri e il coppiere del re, che erano stati gettati
in prigione per qualche reato, vennero affidati a Giuseppe. Una mat-
tina, vedendoli molto tristi, il giovane ebreo chiese con gentilezza
il motivo della loro preoccupazione. Seppe che entrambi avevano
avuto uno strano sogno, di cui desideravano conoscere il significato.
Giuseppe disse loro: “... Le interpretazioni non appartengono a Dio?
Raccontatemi i sogni, vi prego” (
Genesi 40:8
). Quando entrambi
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ebbero raccontato il proprio sogno, Giuseppe ne diede l’interpreta-
zione: entro tre giorni il coppiere sarebbe stato riabilitato e avrebbe
offerto la coppa al faraone, come in passato; il capo dei panettie-
ri, invece, sarebbe stato ucciso per ordine del re. Le predizioni si
avverarono.
Il coppiere si era dichiarato profondamente grato a Giuseppe sia
per l’interpretazione favorevole del suo sogno, sia per le numero-
se gentilezze; quest’ultimo, dopo avergli parlato in maniera molto
toccante della sua ingiusta prigionia, lo supplicò di presentare il
suo caso al re. “Ricordati di me” disse “quando sarai felice, e siimi
benigno, ti prego; parla di me a Faraone, e fammi uscire da questa
casa; perché io fui portato via furtivamente dal paese degli Ebrei, e
anche qui non ho fatto nulla da essere messo in questa fossa” (
Gene-
si 40:14, 15
). Il coppiere riconobbe che il sogno si era avverato in
ogni suo particolare, ma quando fu riconfermato al servizio del re
non pensò più al suo benefattore. Giuseppe rimase prigioniero per
altri due anni. La speranza che si era accesa nel suo cuore si stava
gradualmente affievolendo: a tutte le altre prove si era aggiunta ora
l’acuta sofferenza per l’ingratitudine.
Ma Dio stava per aprirgli le porte della prigione. Il sovrano
d’Egitto ebbe in una stessa notte due sogni che apparentemente