Pagina 216 - Patriarchi e profeti (1998)

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Patriarchi e profeti
ed essi si gettarono ai suoi piedi. “... Che azione è questa che avete
fatta?” egli disse. “Non lo sapete che un uomo come me ha potere
d’indovinare?” (
Genesi 44:15
). Giuseppe agiva in modo da condurli
a riconoscere il loro errore. Egli non aveva mai preteso di avere
capacità divinatorie, ma voleva che i fratelli credessero che poteva
conoscere i segreti della loro vita.
Giuda rispose: “Che diremo al mio signore? Quali parole use-
remo? O come ci giustificheremo? Dio ha ritrovato l’iniquità de’
tuoi servitori. Ecco, siamo schiavi del mio signore: tanto noi, quanto
colui in mano del quale è stata trovata la coppa” (
Genesi 44:16
).
“Mi guardi Iddio dal far questo!” fu la risposta. “L’uomo in man
del quale è stata trovata la coppa, sarà mio schiavo; quanto a voi,
risalite in pace dal padre vostro” (
Genesi 44:17
). Profondamente
angosciato Giuda si avvicinò al governatore ed esclamò: “Di grazia,
signor mio, permetti al tuo servitore di far udire una parola al mio
signore, e non s’accenda l’ira tua contro il tuo servitore! Poiché tu
sei come Faraone” (
Genesi 44:18
). Con toccante eloquenza Giuda
descrisse il dolore di suo padre per la morte di Giuseppe e la sua
riluttanza a permettere che Beniamino si recasse con loro in Egitto:
infatti egli era l’unico figlio di Rachele rimastogli e Giacobbe lo
amava teneramente. Quindi aggiunse: “Or dunque, quando giungerò
da mio padre, tuo servitore, se il fanciullo, all’anima del quale la
sua è legata, non è con noi, avverrà che, come avrà veduto che il
fanciullo non c’è, egli morrà; e i tuoi servitori avranno fatto scendere
con cordoglio la canizie del tuo servitore nostro padre nel soggiorno
de’ morti. Ora, siccome il tuo servitore s’è reso garante del fanciullo
presso mio padre, e gli ha detto: Se non te lo riconduco sarò per
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sempre colpevole verso mio padre deh, permetti ora che il tuo ser-
vitore rimanga schiavo del mio signore, invece del fanciullo, e che
il fanciullo se ne torni coi suoi fratelli. Perché, come farei a risalire
da mio padre senz’aver meco il fanciullo? Ah, ch’io non vegga il
dolore che ne verrebbe a mio padre!” (
Genesi 44:30-34
).
Giuseppe era soddisfatto: aveva visto i frutti del vero pentimento.
Subito dopo aver ascoltato la nobile offerta di Giuda ordinò di essere
lasciato solo con i suoi fratelli. Allora egli pianse ad alta voce e
gridò: “Io son Giuseppe; mio padre vive egli tuttora?” (
Genesi 45:2
).
I suoi fratelli rimasero come paralizzati, stupiti e intimoriti. Il gover-
natore d’Egitto era il loro fratello Giuseppe, lo stesso che avevano