Pagina 217 - Patriarchi e profeti (1998)

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Giuseppe e i suoi fratelli
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invidiato, progettando di ucciderlo e vendendolo come schiavo! La
loro cattiveria li aveva travolti. Ricordarono come avevano disprez-
zato i suoi sogni e cosa avevano fatto per evitarne l’adempimento.
Solo ora capivano che in realtà essi stessi avevano contribuito a
realizzare quei presagi. Erano completamente in potere di Giuseppe
ed egli avrebbe senza dubbio vendicato il torto subìto.
Di fronte al loro imbarazzo egli disse con gentilezza: “Deh,
avvicinatevi a me!”. Essi si avvicinarono ed egli continuò: “Io son
Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse menato in
Egitto. Ma ora non vi contristate, né vi dolga d’avermi venduto
perch’io fossi menato qua; poiché Iddio m’ha mandato innanzi a voi
per conservarvi in vita” (
Genesi 45:4, 5
). Vedendo che avevano già
sofferto abbastanza per la crudeltà commessa nei suoi confronti, con
generosità cercò di fugare i loro timori e di alleviare l’amarezza del
loro rimorso.
“Infatti” continuò “sono due anni che la carestia è nel paese; e
ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà né aratura né
messe. Ma Dio mi ha mandato dinanzi a voi, perché sia conservato
di voi un resto sulla terra, e per salvarvi la vita con una grande
liberazione. Non siete dunque voi che m’avete mandato qua, ma
è Dio; Egli m’ha stabilito come padre di Faraone, signore di tutta
la sua casa, e governatore di tutto il paese d’Egitto. Affrettatevi a
risalire da mio padre, e ditegli: Così dice il tuo figliuolo Giuseppe:
Iddio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto; scendi da me; non
tardare; tu dimorerai nel paese di Goscen, e sarai vicino a me; tu e i
tuoi figliuoli, i figliuoli dei tuoi figliuoli, i tuoi greggi, i tuoi armenti,
e tutto quello che possiedi. E quivi io ti sostenterò (perché ci saranno
ancora cinque anni di carestia), onde tu non sia ridotto alla miseria,
tu, la tua famiglia e tutto quello che possiedi. Ed ecco, voi vedete
coi vostri occhi, e il mio fratello Beniamino vede con gli occhi suoi,
ch’è proprio la bocca mia quella che vi parla” (
Genesi 45:6-12
).
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“E gettatosi al collo di Beniamino, suo fratello, pianse; e Benia-
mino pianse sul collo di lui. Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo.
E, dopo questo, i suoi fratelli si misero a parlare con lui” (
Genesi
45:14, 15
). Essi confessarono umilmente i loro errori e ottennero il
suo perdono. Avevano sofferto a lungo per la preoccupazione e il
rimorso e ora erano felici perché era ancora vivo.
Il faraone venne subito a sapere ciò che era successo e, deside-