Pagina 220 - Patriarchi e profeti (1998)

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Patriarchi e profeti
offerta, destinò loro la “parte migliore del paese”, la zona di Goscen.
Non molto tempo dopo Giuseppe presentò al re anche suo padre.
Il patriarca non era abituato alle corti reali: la sua vita, trascorsa fra
i magnifici scenari della natura, lo aveva portato a contatto con un
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Re più potente. Egli era consapevole di questa superiorità: solle-
vò le mani e benedisse il faraone. Al momento dell’incontro con
Giuseppe, Giacobbe lo aveva salutato come se, dopo tante ango-
sce e tristezze, egli fosse ormai pronto a morire. Invece gli furono
concessi altri diciassette anni di sereno riposo a Goscen. Durante
questo periodo della sua vita, così tranquillo e diverso dai prece-
denti, il patriarca poté vedere nei suoi figli i segni di un sincero
pentimento. Vide inoltre che la sua famiglia si trovava ora in una
condizione ottimale per svilupparsi e diventare una grande nazione.
La sua fede si aggrappò alla promessa del futuro insediamento in
Canaan. Giacobbe fu circondato da tutti i favori e dall’affetto che il
primo ministro d’Egitto poteva concedere. Felice di vivere nel paese
governato dal figlio, che per tanto tempo aveva considerato perso,
egli affrontò sereno la morte. Quando sentì che si stava avvicinando
la fine, Giacobbe chiamò Giuseppe. Era ancora fermamente sicuro
della promessa divina riguardante il possesso di Canaan, e disse:
“Deh, non mi seppellire in Egitto! Ma, quando giacerò coi miei padri,
portami fuori d’Egitto, e seppelliscimi nel loro sepolcro!” (
Genesi
47:29, 30
). Giuseppe promise; ma suo padre, non soddisfatto, gli
chiese un giuramento solenne, secondo il quale un giorno le sue
spoglie sarebbero state sepolte nella caverna di Macpela, accanto a
quelle dei suoi padri.
Ma Giacobbe doveva affrontare un altro problema importante: i
figli di Giuseppe dovevano essere considerati figli d’Israele. Giusep-
pe, dopo una lunga discussione con suo padre, portò con sé Efraim
e Manasse. Questi giovani, per la linea materna potevano ottenere le
cariche più alte del sacerdozio egiziano; inoltre, se avessero scelto di
unirsi agli egiziani, la posizione del padre destinava loro un avvenire
di ricchezze e onori. Ma Giuseppe desiderava che essi facessero
parte del suo popolo. Nell’interesse dei suoi figli, egli rinunciò a
tutti gli onori della corte d’Egitto per vivere fra le tribù di pastori
che, seppure disprezzate, custodivano il messaggio divino. Giacobbe
disse: “E ora, i tuoi due figliuoli che ti son nati nel paese d’Egitto
prima ch’io venissi da te in Egitto, sono miei. Efraim e Manasse