Pagina 226 - Patriarchi e profeti (1998)

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Patriarchi e profeti
più tormentati dai suoi sogni e di aver fatto il possibile perché non si
realizzassero. Tuttavia, Dio fece in modo che essi stessi attuassero
ciò che avevano cercato di impedire. Anche i sacerdoti e gli ebrei
più autorevoli nutrivano invidia per il Cristo, perché temevano che
egli accentrasse su di sé l’attenzione del popolo. Così, per impedirgli
di diventare re, lo condannarono a morte, realizzando proprio quel
piano che avevano voluto ostacolare.
La schiavitù in Egitto permise a Giuseppe di diventare il salvato-
re della famiglia di suo padre. Questo fatto non rende meno grave la
colpa dei suoi fratelli. La crocifissione del Cristo, eseguita dai suoi
nemici, permise che diventasse il Redentore, il Salvatore dell’umani-
tà perduta, il Sovrano di tutto il mondo. L’intervento divino controllò
gli eventi per la gloria di Dio e per il bene dell’umanità: tuttavia quel
crimine rimane, in tutta la sua atrocità, come se quell’intervento non
fosse mai avvenuto.
Come Giuseppe fu venduto ai mercanti dai suoi fratelli, così
anche il Cristo fu abbandonato ai suoi peggiori nemici da uno dei
discepoli. Per la sua onestà, Giuseppe fu accusato ingiustamente
e gettato in prigione; il Cristo fu disprezzato e rifiutato proprio
perché la sua giustizia e la sua vita di rinuncia costituivano un
costante rimprovero per i peccatori. Benché egli fosse totalmente
innocente, fu condannato in base a false testimonianze. La bontà e la
pazienza di Giuseppe, di fronte all’ingiustizia e alla violenza, la sua
propensione al perdono e la sua nobile generosità nei confronti dei
fratelli rappresentano la pazienza che il Salvatore stesso manifestò
nella sua vita. Gesù non si lamentò per la cattiveria e gli abusi
dei malvagi. Come allora perdonò i suoi assassini, ancora oggi è
disposto a perdonare tutti coloro che si rivolgono a lui per confessare
i loro peccati ed esserne liberati.
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Dopo la morte di suo padre, Giuseppe visse ancora per quaran-
taquattro anni; poté vedere “... i figliuoli di Efraim, fino alla terza
generazione; anche i figliuoli di Makir, figliuolo di Manasse, nac-
quero sulle sue ginocchia” (
Genesi 50:23
). Egli vide il suo popolo
crescere e prosperare e conservò sempre la certezza che Dio avrebbe
ricondotto Israele nella terra promessa.
Quando vide che la morte si avvicinava, Giuseppe convocò tutta
la sua famiglia. Benché avesse ricevuto grandi onori nel paese dei
faraoni, l’Egitto rimaneva sempre per lui la terra dell’esilio. Con il