Pagina 289 - Patriarchi e profeti (1998)

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La legge proclamata al Sinai
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dell’uomo viene degradata.
“... Io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso” (
Esodo 20:5
).
L’intima e sacra unione esistente tra Dio e il suo popolo è rap-
presentata dall’immagine del matrimonio. L’idolatria costituisce
un adulterio spirituale, e provoca in Dio una sofferenza che viene
definita “gelosia”.
“Punisco l’iniquità dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla
quarta generazione di quelli che mi odiano” (
Esodo 20:5
).
È inevitabile che i figli soffrano per le conseguenze degli erro-
ri dei genitori; tuttavia, se non hanno condiviso le loro colpe, non
saranno puniti per le loro responsabilità. È vero però che, di so-
lito, i figli seguono le orme dei genitori: le tendenze ereditarie e
l’esempio rendono il figlio partecipe delle debolezze del padre. Gli
istinti devianti, la corruzione morale, così come avviene per le tare
fisiche e le malattie, vengono trasmessi in eredità fino alla terza o
alla quarta generazione. L’affermazione di questa terribile verità
dovrebbe scoraggiare l’uomo a rendersi strumento delle maledizioni
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del male. “... Uso benignità, fino alla millesima generazione, ver-
so quelli che m’amano e osservano i miei comandamenti” (
Esodo
20:6
). Il secondo comandamento proibisce il culto degli idoli e im-
pone l’adorazione del vero Dio. Coloro che agiscono con fedeltà,
proponendosi di servire il Signore, riceveranno l’eredità delle sue
benedizioni. Essa non si limita alla terza e quarta generazione, come
viene detto della maledizione rivolta a quanti odiano Dio, ma arriva
fino alla millesima.
“Non usare il nome dell’Eterno, ch’è l’Iddio tuo in vano; perché
l’Eterno non terrà per innocente chi avrà usato il suo nome in vano”
(
Esodo 20:7
). Questo comandamento non condanna soltanto i falsi
giuramenti e le imprecazioni, ma proibisce di usare il nome di Dio
con leggerezza, senza considerarne tutto il solenne significato. Quan-
do citiamo il nome del Signore con superficialità, pronunciandolo
nel contesto di discussioni di scarso valore, o quando lo ripetiamo
con frequenza, senza riflettere, lo disonoriamo, perché “santo e tre-
mendo è il suo nome” (
Salmo 111:9
). Tutti dovrebbero riflettere
sull’autorità, sulla purezza e sacralità di Dio, in modo che il nostro
carattere possa ricevere la sua impronta sublime. Nessuno dovrebbe
mai pronunciare il nome di Dio senza un profondo senso di rispetto
e solennità.