Pagina 372 - Patriarchi e profeti (1998)

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Patriarchi e profeti
popoli numerosi e forti. Le città, grandi e fortificate, erano abitate
da gente pronta a combattere: era impossibile conquistarle. Le spie
aggiunsero di avere visto i giganti, discendenti di Anak: dunque, era
inutile sperare di occupare Canaan.
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I sentimenti degli ebrei mutarono completamente. Il coraggio
e la fiducia erano scomparsi, sostituiti dal più vile sconforto non
appena quei dieci membri del gruppo avevano manifestato il loro
pessimismo: un atteggiamento suggerito da Satana motivato dallo
scetticismo e dalla mancanza di fede. Alla fine di questo discorso,
l’intera comunità cadde in una cupa disperazione: tutti sembravano
avere dimenticato le grandi manifestazioni di potenza con cui in
passato il Signore aveva sostenuto il suo popolo. Nessuno pensò che
lo stesso Dio che li aveva condotti così lontani dall’Egitto avrebbe
potuto assicurare loro il possesso di quella terra. Nessuno ricordò
l’intervento straordinario con cui erano stati liberati dalla schiavitù:
eppure, il Signore aveva tracciato per loro un sentiero asciutto nel
mar Rosso e aveva distrutto l’esercito del faraone, lanciato all’inse-
guimento dei fuggiaschi. Tutta l’impresa della conquista di Canaan
ora sembrava dipendere soltanto dalla forza delle armi.
Gli israeliti non credevano in Dio e quindi sottovalutavano il suo
potere: non avevano più fiducia in colui che li aveva guidati fino a
quel momento. Ancora una volta, ricaddero nel loro vecchio errore:
protestarono contro Mosè e Aronne. “... Fossimo pur morti nel
paese d’Egitto!” dissero “... O fossimo pur morti in questo deserto!”
(
Numeri 14:2
). Accusavano i loro capi di averli ingannati, portandoli
alla rovina.
La delusione e la disperazione ebbero il sopravvento. Un gemito
di angoscia si unì alle confuse voci di protesta. Caleb - una delle
due spie che non aveva ancora preso la parola - comprese la gravità
della situazione. Con grande coraggio, difese l’operato di Dio e fece
tutto ciò che era in suo potere per neutralizzare l’influsso negativo
dei suoi compagni. Per un attimo, la folla tacque e ascoltò le sue
parole. Caleb incoraggiò gli israeliti a non perdere le speranze: era
ancora possibile conquistare Canaan. Nel suo discorso, egli non
smentì il rapporto che già era stato fatto: certo, le mura delle città
erano alte e i Cananei erano forti, ma Dio aveva promesso quella
terra meravigliosa a Israele. “Saliamo pure e conquistiamo il paese”
insistette Caleb, “poiché possiamo benissimo soggiogarlo” (
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