Pagina 373 - Patriarchi e profeti (1998)

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Le dodici spie
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13:30
).
Le dieci spie che avevano parlato per prime lo interruppero, e
descrissero gli ostacoli dell’impresa usando toni ancora più cupi
di prima. “... Noi non siamo capaci di salire contro questo popolo”
dichiararono, “perché è più forte di noi... Tutta la gente che vi
abbiamo veduta, è gente d’alta statura; e v’abbiamo visto i giganti,
figliuoli di Anak, della razza de’ giganti, rispetto ai quali ci pareva
d’esser locuste; e tali parevamo a loro” (
Numeri 13:32, 33
).
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Una volta adottato un atteggiamento negativo, i dieci uomini con-
tinuarono a opporsi ostinatamente a Mosè, ad Aronne e, in ultima
analisi, a Dio stesso. Ogni minimo accenno positivo li rendeva anco-
ra più determinati. Ormai erano decisi a scoraggiare ogni tentativo
di intraprendere la conquista di Canaan, e deformarono il resoconto
della situazione perché avesse un peso decisivo nell’influenzare il
popolo. “È un paese che divora i suoi abitanti” dissero. Con l’aggiun-
ta di questa affermazione il loro rapporto, che fino a quel momento
si era limitato a esprimere un parere negativo, diventava addirittura
falso e contraddittorio. Le dieci spie infatti avevano dichiarato che il
paese era ricco e prospero, popolato da uomini di statura gigantesca:
ciò diventava impossibile da sostenere, se a causa del suo clima
insalubre si poteva dire che esso “divorava i suoi abitanti”.
La scelta di non credere nell’intervento di Dio espone l’uomo
all’influsso di Satana: è impossibile stabilire fino a che punto si
possa esserne condizionati.
“Allora tutta la raunanza alzò la voce e diede in alte grida; e il
popolo pianse tutta quella notte” (
Numeri 14:1
). All’improvviso,
la protesta si trasformò in aperta rivolta. Satana aveva ormai pieno
controllo sugli israeliti, ed essi sembravano impazziti. Maledirono
Mosè e Aronne, dimenticando che Dio poteva sentire le loro accuse
ingiuste, e che l’Angelo dell’Eterno assisteva a quella terribile esplo-
sione d’ira. Pieni di amarezza, gridarono: “... Fossimo pur morti
nel paese d’Egitto! O fossimo pur morti in questo deserto!”. Quindi
accusarono Dio, con queste parole: “Perché ci mena l’Eterno in
quel paese ove cadremo per la spada? Le nostre mogli e i nostri
piccini vi saranno preda del nemico. Non sarebb’Egli meglio per
noi di tornare in Egitto? E si dissero l’uno all’altro: Nominiamoci
un capo e torniamo in Egitto” (
Numeri 14:2-4
). Accusavano Mosè e
Dio stesso di averli ingannati con la promessa di una terra che non