Pagina 379 - Patriarchi e profeti (1998)

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Le dodici spie
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essere addestrati alla guerra, ma contavano sul numero dei soldati
e sull’efficacia delle armi; inoltre, speravano di travolgere la resi-
stenza del nemico con un attacco improvviso. Con questo piano essi
sfidarono imprudentemente il loro avversario, che non aveva ancora
osato attaccarli.
I cananei si erano appostati su un altopiano roccioso, difficil-
mente accessibile. Gli israeliti erano numerosi ma questo avrebbe
reso ancora più terribile la disfatta.
Gli ebrei si arrampicarono lentamente per i sentieri scoscesi
dell’altopiano, esponendosi al tiro dei proiettili nemici. I cananei,
situati più in alto dei loro avversari, lanciarono su di loro dei grossi
macigni che rotolarono con un rombo sordo, creando una scia di
sangue. Alcuni israeliti, ormai esausti, riuscirono a raggiungere la
cima, ma furono respinti e precipitarono a valle, dove trovarono
la morte. Il luogo della strage era completamente disseminato di
cadaveri. Israele era stato sconfitto. La ribellione a Dio aveva portato
soltanto morte e distruzione.
Costretti a sottomettersi alla punizione divina, i sopravvissuti
piansero “davanti all’Eterno”, “ma l’Eterno non dette ascolto” ai loro
lamenti (
Deuteronomio 1:45
). Prima di quella terribile sconfitta, i
cananei avevano atteso con terrore l’avvicinarsi del potente esercito
israelita: ora erano sicuri di respingere l’attacco. Tutti i racconti
degli straordinari prodigi che il Dio d’Israele aveva compiuto per il
suo popolo, sembravano del tutto privi di fondamento; non c’erano
più motivi per temere. Questa prima disfatta degli ebrei avrebbe
restituito alle popolazioni cananee tutto il loro coraggio e la loro
determinazione. L’impresa della conquista di Canaan sarebbe stata
in futuro ancora più difficile. Agli israeliti non rimaneva che fuggire
davanti al nemico, per rifugiarsi nel deserto. Ognuno di loro sapeva
che quel luogo sarebbe stato la tomba di un’intera generazione.
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