La ribellione di Kore
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che erano morti li avevano adulati, professando grande interesse
e amore per loro: tutti erano stati sedotti dall’apparente bontà di
Kore e dei suoi compagni, e avevano voluto attribuire alle presunte
mancanze di Mosè le disgrazie che avevano colpito Israele.
Non esiste insulto più grave verso Dio che disprezzare e rifiutare
gli strumenti di cui Egli si vorrebbe servire per salvare gli uomini.
Gli israeliti però non si limitarono a questo: decisero di uccidere Mo-
sè e Aronne. Non si resero conto della necessità di chiedere perdono
a Dio per le loro gravi colpe. Dio aveva concesso una notte di rifles-
sione: gli israeliti però non colsero questa opportunità di pentirsi e
confessare i propri errori e tentarono invece di escogitare un espe-
diente per contrastare l’evidenza delle prove che li condannavano.
Odiavano ancora gli uomini che Dio aveva scelto, e si allearono per
resistere alla loro autorità. Satana stava deformando la capacità di
giudizio degli ebrei, per portarli inavvertitamente verso la catastrofe.
Udendo il grido di Kore e dei suoi compagni, mentre precipitava-
no nella voragine, tutti gli israeliti erano fuggiti spaventati, e si erano
detti: “... Che la terra non inghiottisca noi pure” (
Numeri 16:34
). “Il
giorno seguente, tutta la raunanza de’ figliuoli d’Israele mormorò
contro Mosè e Aronne dicendo: Voi avete fatto morire il popolo
dell’Eterno” (
Numeri 16:41
). Il popolo si preparava ad aggredire i
propri capi, due uomini leali e pronti al sacrificio. Dio manifestò la
sua gloria attraverso la nuvola, che si posò sopra il santuario. Da
quel punto udì una voce che disse a Mosè e Aronne: “Toglietevi di
mezzo a questa raunanza, e io li consumerò in un attimo...” (
Numeri
16:45
).
Mosè non doveva temere nessuna conseguenza: non ebbe paura
e non scappò, abbandonando i suoi compagni alla morte. Rimase fer-
mo, dimostrando in questa terribile crisi la sincerità del suo interesse
per la gente che il Signore gli aveva affidato. Mosè implorò Dio di
non distruggere il popolo della promessa: la sua intercessione impedì
che la punizione colpisse i ribelli sterminandoli completamente.
Ma l’angelo della morte aveva già iniziato la sua opera: il suo
flagello stava già spargendo la morte. Seguendo le direttive del
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fratello, Aronne prese un incensiere e lo portò in fretta in mezzo al
popolo, per fare “l’espiazione per essi”. “E si fermò tra i morti e i
vivi”: quando il fumo dell’incenso salì e le preghiere di Mosè dal
santuario giunsero fino a Dio, il flagello si fermò. Quattordicimila