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Patriarchi e profeti
avessero voluto difendere soprattutto la propria immagine, o man-
tenere un atteggiamento aggressivo di fronte al rimprovero divino,
avrebbero aggravato la loro colpa. Ma il Signore non poteva accu-
sarli di avere agito intenzionalmente: erano stati vinti da un impulso
negativo, per il quale provarono subito un profondo rimorso. Il Si-
gnore accettò quel pentimento, ma non risparmiò loro la punizione, a
causa delle conseguenze che il fatto avrebbe provocato fra il popolo.
Senza nascondere nulla del proprio errore, Mosè disse agli israe-
liti che dal momento che egli non aveva glorificato l’Eterno, non
avrebbe potuto condurli nella terra promessa. Inoltre, sottolineò che
la severità della sua condanna era una dimostrazione della gravità
delle loro proteste. Dio non poteva considerare tollerabili le accuse
di chi attribuiva all’arbitrio di un semplice uomo dei rimproveri che
erano la giusta conseguenza di un comportamento colpevole. Mosè
aggiunse anche di aver pregato Dio di revocare la sua condanna, ma
inutilmente. “Ma l’Eterno si adirò contro di me, per cagion vostra”
disse “e non mi esaudì...” (
Deuteronomio 3:26
).
Ogni volta che gli israeliti si trovavano di fronte a una difficoltà,
erano pronti a indicare Mosè come l’unico responsabile delle loro
disgrazie, per averli fatti partire dall’Egitto. Nei loro discorsi, Dio
sembrava non avere mai agito per guidarli. Durante il lungo viaggio
attraverso il deserto, quando si erano ribellati contro i loro capi, Mo-
sè aveva risposto: “I vostri mormorii sono contro Dio. Non io, ma
Dio ha operato la vostra liberazione” (cfr.
Esodo 16:8
). Purtroppo, la
collera manifestata davanti alla roccia con le parole: “Vi farem noi
uscire dell’acqua?” rappresentò per molti un’implicita ammissione
delle accuse che gli erano state rivolte. Gli ebrei avevano ora un pre-
testo per giustificare il loro scetticismo e le loro ribellioni. Vietando
a Mosè di entrare nella terra promessa, il Signore voleva neutraliz-
zare questa conseguenza. La punizione avrebbe inequivocabilmente
dimostrato che il vero capo d’Israele non era Mosè, ma il potente
Angelo del quale l’Eterno aveva detto: “Ecco, io mando un angelo
davanti a te per proteggerti per via, e per introdurti nel luogo che ho
preparato. Sii guardingo in Sua presenza, e ubbidisci alla Sua voce...
poiché il mio nome è in Lui” (
Esodo 23:20, 21
).
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“L’Eterno s’adirò contro di me per cagion vostra” (
Deuteronomio
1:37
) disse in seguito Mosè. La sua posizione lo esponeva più di
chiunque altro al giudizio del popolo: con il suo errore egli aveva