Pagina 475 - Patriarchi e profeti (1998)

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La vittoria di Gerico
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Ma fra gli israeliti vi era un uomo che in quel solenne momento
di trionfo e giudizio, osò trasgredire l’ordine divino. L’avidità di
Acan affiorò quando egli vide quel prezioso mantello di Scinear,
tanto che perfino davanti alla morte, parlò di un “bel mantello”.
Acan a questo peccato ne aggiunse altri, si era appropriato dell’oro
e dell’argento che dovevano essere consacrati al tesoro del Signore:
aveva derubato Dio delle primizie del paese di Canaan.
All’origine del peccato, che determinò la rovina di Acan, vi era
l’avidità, uno degli errori più comuni e considerati con maggio-
re leggerezza. Mentre altre colpe sono punite con la detenzione o
altre pene, la violazione del decimo comandamento molto raramen-
te viene biasimata. La gravità di questo peccato e le sue terribili
conseguenze costituiscono la lezione che si trae dalla storia di Acan.
L’avidità è un male che si sviluppa gradualmente. Acan aveva
coltivato la passione per le ricchezze, tanto da renderla un’abitudine
che ora lo legava come una catena che era quasi impossibile spezzare.
Se la sua sensibilità non fosse stata indebolita dal peccato il pensiero
che questo errore avrebbe portato Israele alla rovina avrebbe dovuto
terrorizzarlo, invece quando la tentazione arrivò, egli ne fu una facile
preda.
Peccati simili si commettono anche ora pur conoscendo questo
avvertimento così solenne ed esplicito. Oggi è chiaramente proibito
cedere all’avidità, così come ad Acan era stato vietato di appropriarsi
del bottino di Gerico. Dio infatti, attraverso vari avvertimenti, ha
dichiarato che è una forma di idolatria: “Voi non potete servire a
Dio e a Mammona” (
Matteo 6:24
). “Badate e guardatevi da ogni
avarizia” (
Luca 12:15
). “... l’avarizia, non sia neppur nominata tra
voi” (
Efesini 5:3
).
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Davanti a noi abbiamo la terribile condanna di Acan, di Giuda, di
Anania e Saffira; dietro questi uomini c’è Lucifero il “figlio dell’au-
rora” che, desiderando ardentemente posizioni superiori, ha perso
per sempre lo splendore e la felicità del cielo. Ma nonostante tutti
questi avvertimenti, l’avidità si diffonde ovunque. Provoca contese
e scontentezza nelle famiglie; suscita invidia e alimenta l’astio del
povero verso il ricco. E oltre a esistere nel mondo penetra nella chie-
sa, dove non è raro trovare l’egoismo, l’avarizia, la prevaricazione,
la mancanza di carità e dove si deruba Dio “nelle decime e nelle
offerte”. Tra i “buoni e regolari” membri di chiesa, quanti Acan ci