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Patriarchi e profeti
distruggerli, ma le sue braccia potenti l’avevano persa ed egli com-
prese “che l’Eterno s’era ritirato da lui” (
Giudici 16:20
). I filistei,
non del tutto convinti che la forza avesse abbandonato Sansone, lo
fecero infastidire e torturare da Delila, poi lo catturarono, e dopo
averlo accecato in entrambi gli occhi, lo portarono a Gaza, dove fu
incatenato nella prigione e costretto a girare la macina.
Che cambiamento: da giudice e campione d’Israele, a debole
prigioniero accecato, addetto a uno dei lavori più degradanti. Nono-
stante Sansone avesse gradualmente violato le condizioni della sua
santa vocazione, Dio aveva avuto pazienza con lui, ma nel momento
in cui cedette alla potenza del peccato, fino a svelare il suo segreto,
il Signore lo abbandonò. Non che nei suoi lunghi capelli vi fosse
qualche virtù; essi erano semplicemente un segno della sua fedeltà a
Dio e quando furono sacrificati alle passioni, anche la benedizione
di cui essi erano il segno, si allontanò da lui.
Attraverso la sofferenza, l’umiliazione e la derisione dei filistei il
debole Sansone imparò più di quanto avesse capito prima, e soffren-
do arrivò al pentimento. Con i capelli gli tornarono gradualmente
anche le forze; ma i suoi nemici, che lo consideravano un prigioniero
incatenato e indifeso, non se ne preoccuparono.
Essi attribuivano la loro vittoria al loro dio e con esultanza
sfidarono il Dio d’Israele, organizzando una festa in onore del dio
pesce Dagon, protettore del mare. Il popolo filisteo lasciò le città
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e le campagne, per partecipare alle celebrazioni. Folle di adoratori
riempivano il tempio e occupavano le gallerie in alto. La pompa
del rituale, che accompagnava i sacrifici, era arricchita da musica
e festeggiamenti. Nel momento culminante della festa in onore di
Dagon, fu fatto entrare Sansone, salutato con grida di trionfo; il
popolo e i capi deridevano la sua miseria adorando il dio che aveva
travolto colui che aveva devastato il paese. Fingendo di essere stanco,
Sansone chiese il permesso di appoggiarsi alle due colonne centrali
che sostenevano il tetto del tempio e, in silenzio, pronunciò questa
preghiera: “O Signore o Eterno, ti prego, ricordati di me! Dammi
forza per questa volta soltanto, o Dio, perch’io mi vendichi di un
colpo solo dei Filistei, per la perdita dei miei due occhi” (
Giudici
16:28
) e mentre sussurrava queste parole abbracciò i due pilastri con
le sue forti braccia, gridando: “Ch’io muoia insieme co’ filistei!”,
si incurvò per lo sforzo e il tetto cadde piombando su quella folla