Pagina 679 - Patriarchi e profeti (1998)

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Il peccato e il pentimento di Davide
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princìpi morali fondamentali. Tutto inizia con apparenti piccolezze:
trascurare di essere fedeli a Dio e confidare interamente in se stessi
per poi seguire le abitudini e i costumi mondani.
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Davide si ritirò a Gerusalemme lasciando l’esercito a Joab, prima
ancora che la guerra con gli ammoniti terminasse. I siriani erano
già stati sottomessi e si delineava con certezza la completa disfatta
degli ammoniti. Il re viveva tra gli onori procurati dalle vittorie e
dal suo saggio modo di governare. E proprio ora che era tranquillo
e non esercitava un’attenta vigilanza, il tentatore ne approfittò per
occupare la sua mente. La grande attenzione di Dio per Davide, i
grandi favori che gli aveva concesso avrebbero dovuto costituire
le motivazioni più forti per rendere il suo carattere irreprensibile.
Ma in quel periodo di rilassamento e di sicurezza, Davide cessò di
confidare in Dio, cedette a Satana macchiandosi di gravi colpe. Egli
che era stato nominato dal cielo guida della nazione, eletto da Dio
per osservare la sua legge, calpestò quegli stessi precetti. Egli che
avrebbe dovuto intimorire i malvagi, li incoraggiò con le sue opere.
Nel passato Davide, consapevole della propria integrità, davanti
ai pericoli si era affidato a Dio. Il Signore lo aveva guidato liberan-
dolo dalle trappole che gli erano state tese. Ma ora, che era colpevole
e impenitente, non chiese la guida e l’aiuto divini e cercò di liberarsi
da solo delle conseguenze pericolose che il suo peccato comportava.
Bath-Sheba, la cui bellezza fatale costituì una trappola per il re, era
moglie di Uria l’itteo, uno degli ufficiali più fedeli e più coraggiosi
di Davide. Se quel crimine fosse stato reso noto, nessuno ne avrebbe
potuto valutare le conseguenze. La legge di Dio considerava l’a-
dultero colpevole di morte e quel fiero soldato, così ingiustamente
svergognato, avrebbe potuto vendicarsi, togliendo la vita al re o
incitando la nazione alla rivolta.
Ogni sforzo che Davide compì per tenere segreta la sua colpa si
dimostrò inutile. Il re, in balia di Satana e circondato dal pericolo,
presagiva un disonore più amaro della morte. Vedeva solo una via di
uscita e nella sua disperazione si affrettò ad aggiungere l’assassinio
all’adulterio.
Colui che aveva portato Saul alla rovina cercava ora di trasci-
narvi Davide. Per quanto si trattasse di tentazioni diverse, entrambe
portavano alla trasgressione della legge di Dio. Davide pensava che
se Uria fosse stato ucciso dai nemici in battaglia la colpa di quella