Pagina 693 - Patriarchi e profeti (1998)

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La ribellione di Absalom
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e là, con noi mentre io stesso non so dove vado? Torna indietro,
e riconduci teco i tuoi fratelli; e siano con te la misericordia e la
fedeltà dell’Eterno!” (
2Samuele 15:19, 20
).
Ma Ittai rispose: “Com’è vero che l’Eterno vive e che vive, in
qualunque luogo sarà il re mio signore, per morire o per vivere, quivi
sarà pure il tuo servo” (
2Samuele 15:21
). Questi uomini pagani
si erano convertiti al culto dell’Eterno e ora dimostravano la loro
nobiltà d’animo manifestando la loro fedeltà a Dio e al re. Davide
accettò con sincera gratitudine la loro dedizione alla sua causa che
sembrava ormai perduta, e insieme attraversarono il torrente Kidron
dirigendosi verso il deserto.
La processione si fermò di nuovo perché si stava avvicinando
un gruppo di uomini con paramenti sacri “ed ecco venire anche
Tsadok con tutti i leviti, i quali portavano l’arca del patto di Dio”
(
2Samuele 15:24
). I seguaci di Davide considerarono la cosa un
presagio felice: la presenza di quel simbolo sacro era per loro una
garanzia di liberazione e di vittoria definitiva. L’allontanamento
dell’arca da Gerusalemme avrebbe indotto il popolo a raccogliersi
intorno al re, terrorizzando allo stesso tempo i seguaci di Absalom.
Vedendo l’arca Davide ebbe un fremito di gioia e di speranza,
ma ben presto si affacciarono alla sua mente altri pensieri. Come
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re, nominato da Dio per custodire la sua eredità, egli aveva una
solenne responsabilità: doveva preoccuparsi prima di tutto della
gloria del Signore e del bene del popolo. Il Dio che abitava tra
i cherubini aveva detto di Gerusalemme: “Questo è il mio luogo
di riposo” (
Salmo 132:14
) e senza l’autorizzazione divina né il
re né il sacerdote avevano diritto di spostare il simbolo della sua
presenza. Davide sapeva che i suoi affetti e la sua vita dovevano
essere in armonia con i precetti divini, altrimenti l’arca avrebbe
potuto portare alla rovina piuttosto che al successo. Il suo peccato
era sempre presente nella sua mente, e quindi pensò che questa
cospirazione fosse il giusto giudizio di Dio. La spada, che avrebbe
sempre accompagnato le vicende della sua casa, era stata sguainata,
e Davide non sapeva quali sarebbero state le conseguenze. Non
stava a lui rimuovere dalla capitale della nazione i sacri statuti che
rappresentavano la trascrizione della volontà di Dio, la costituzione
del regno e il fondamento della sua prosperità.
Il re ordinò a Tsadok: “Riporta in città l’arca di Dio! Se io trovo